Residente a Modena, dove lavorava in qualità di direttore dell'Archivio di Stato di Modena a partire dal 1932, Alfredo Braghiroli sarà valente ricercatore storico, modesto e disponibile verso tutti coloro che a lui si rivolgevano. Iscritto al PNF per covenienze lavorative, non nasconderà i suoi sentimenti antifascisti, che gli provocheranno diverse segnalazioni. Mostrato particolare sdegno e riprovazione per la strage avvenuta nella piazza principale di Modena il 30 luglio 1944, deciderà di trasferirsi nella sua casa di campagna di San Possidonio, cercando di evitare ripercussioni politiche. Ciononostante, rintracciato dalla Brigata Nera, verrà arrestato e spedito per la fucilazione per rappresaglia.
Agli inizi di agosto, infatti, in seguito all'eliminazione di Arturo Bartoli, violento squadrista locale, da parte dei partigiani, le unità nazifasciste decidono di prelevare diversi noti antifascisti per compiere una violenta rappresaglia. I nove scelti, ovvero il professor Roberto Serracchioli, il professor Barbato Zanoni, il professor Alfredo Braghiroli, Il Dottor Francesco Maxia, Aldo Garusi, Jonas Golinelli, Canzio Zoldi, Luigi e il figlio Silvio Manfredini, saranno portati il tra il 3 e il 5 agosto presso le caserme della milizia e dei carabinieri di Mirandola, per essere torturati e in seguito trasportati con una corriera presso Rovereto sul Secchia, in prossimità della Chiesa locale. Arrestata la marcia all'improvviso i prigionieri, ormai coscienti della loro sorte iniziano a protestare contro i barbari carcerieri fascisti. Il primo a cadere sarà il Dott. Maxia colpito da una raffica. Decisi a concludere il lavoro, i fascisti impartiranno l'ordine di fucilazione sui restanti 8, i cui cadaveri verranno lasciati a minaccia e monito all'esposizione della cittadinanza. Di questi solo Garusi, sopravvissuto ma gravemente ferito, riuscirà a salvarsi in seguito all'allontanamento delle truppe nazifasciste, riuscendo a raggiungere l'ospedale di Mirandola, dove morira nel giro di 15 giorni.
La rappresaglia di Rovereto viene tutt'ora ricordata come la “Strage degli Intellettuali” poiché sei degli uccisi erano uomini di cultura, laureati, conosciuti per il loro impegno e le loro attività sociali.
Residente a Modena, dove lavorava in qualità di direttore dell'Archivio di Stato di Modena a partire dal 1932, Alfredo Braghiroli sarà valente ricercatore storico, modesto e disponibile verso tutti coloro che a lui si rivolgevano. Iscritto al PNF per covenienze lavorative, non nasconderà i suoi sentimenti antifascisti, che gli provocheranno diverse segnalazioni. Mostrato particolare sdegno e riprovazione per la strage avvenuta nella piazza principale di Modena il 30 luglio 1944, deciderà di trasferirsi nella sua casa di campagna di San Possidonio, cercando di evitare ripercussioni politiche. Ciononostante, rintracciato dalla Brigata Nera, verrà arrestato e spedito per la fucilazione per rappresaglia.
Agli inizi di agosto, infatti, in seguito all'eliminazione di Arturo Bartoli, violento squadrista locale, da parte dei partigiani, le unità nazifasciste decidono di prelevare diversi noti antifascisti per compiere una violenta rappresaglia. I nove scelti, ovvero il professor Roberto Serracchioli, il professor Barbato Zanoni, il professor Alfredo Braghiroli, Il Dottor Francesco Maxia, Aldo Garusi, Jonas Golinelli, Canzio Zoldi, Luigi e il figlio Silvio Manfredini, saranno portati il tra il 3 e il 5 agosto presso le caserme della milizia e dei carabinieri di Mirandola, per essere torturati e in seguito trasportati con una corriera presso Rovereto sul Secchia, in prossimità della Chiesa locale. Arrestata la marcia all'improvviso i prigionieri, ormai coscienti della loro sorte iniziano a protestare contro i barbari carcerieri fascisti. Il primo a cadere sarà il Dott. Maxia colpito da una raffica. Decisi a concludere il lavoro, i fascisti impartiranno l'ordine di fucilazione sui restanti 8, i cui cadaveri verranno lasciati a minaccia e monito all'esposizione della cittadinanza. Di questi solo Garusi, sopravvissuto ma gravemente ferito, riuscirà a salvarsi in seguito all'allontanamento delle truppe nazifasciste, riuscendo a raggiungere l'ospedale di Mirandola, dove morira nel giro di 15 giorni.
La rappresaglia di Rovereto viene tutt'ora ricordata come la “Strage degli Intellettuali” poiché sei degli uccisi erano uomini di cultura, laureati, conosciuti per il loro impegno e le loro attività sociali.
Canova, Franco; Gelmini, Oreste; Mattioli, Amilcare. “Lotta di liberazione nella bassa modenese”. Modena: ANPI di Modena, 1975. p. 182, 267.
Vaccari, Ilva. "Dalla parte della libertà: I Caduti modenesi nel periodo della Resistenza entro e fuori i confini della provincia. Forestieri e stranieri caduti in territorio modenese". Modena: Coop Estense, 1999. pp. 113, 114.
Pedrazzi, Adamo. “Cronaca dell’occupazione nazi-fascista di Modena (MCMXLVIII-MCMXLV)”, parte del Fondo Pedrazzi, conservato presso l’Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea di Modena.
Gorrieri, Ermanno. “La Repubblica di Montefiorino: per una storia della Resistenza in Emilia”. Bologna: Il Mulino, 1991. p.316.
Pacor, Mario; Casali, Luciano. "Lotte sociali e guerriglia in pianura: la Resistenza a Carpi, Soliera, Novi, Campogalliano". Roma: Editori Riuniti, 1972. p.211, 366.
Canova, Franco; Gelmini, Oreste; Mattioli, Amilcare. “Lotta di liberazione nella bassa modenese”. Modena: ANPI di Modena, 1975. p. 182, 267.
Vaccari, Ilva. "Dalla parte della libertà: I Caduti modenesi nel periodo della Resistenza entro e fuori i confini della provincia. Forestieri e stranieri caduti in territorio modenese". Modena: Coop Estense, 1999. pp. 113, 114.
Pedrazzi, Adamo. “Cronaca dell’occupazione nazi-fascista di Modena (MCMXLVIII-MCMXLV)”, parte del Fondo Pedrazzi, conservato presso l’Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea di Modena.
Gorrieri, Ermanno. “La Repubblica di Montefiorino: per una storia della Resistenza in Emilia”. Bologna: Il Mulino, 1991. p.316.
Pacor, Mario; Casali, Luciano. "Lotte sociali e guerriglia in pianura: la Resistenza a Carpi, Soliera, Novi, Campogalliano". Roma: Editori Riuniti, 1972. p.211, 366.